CZ6 Schiavi
Narratore : Un insegnante di Zlin Reporter: Heike Knapova Traduzione: Alberto Scapinello, Sara Tommasini, Giuseppe Marazita, Laura Bandiera Dovevamo costruire delle barricate contro i mezzi corazzati nella valle del fiume Becva vicino a Valassky’m, Meziricim, ma non chiedetemi perché proprio lì e perché mille persone dovevano farlo.
Non era possibile calcolare quante persone scavavano, ma mi sembrava ce ne fossero più di mille. Era impossibile vedere oltre la folla. I tedeschi sudeti, che ci comandavano nelle loro uniformi grigie delle SA, devono aver pensato la stessa cosa perché ci dissero di lavorare con calma.
La situazione divenne drammatica quando il “lupo grigio” apparve. Siccome io ero il primo della fila, lo vidi in piedi nella nebbia, minaccioso, con occhi malvagi, determinato a reprimere gli schiavi. Nelle sue mani una mitraglia era pronta per sparare. Egli urlò con voce rauca, tagliente “ Tornate indietro, cani boemi, voi dovete lavorare, io vi sparo”. Le prime file si fermarono “Fermi, conoscete il lupo!” Ma il tuono, la nebbia, la neve e le rumorose proteste degli uomini che scavavano erano contro di lui. Le file che stavano dietro si mossero e spinsero noi contro la mitraglia, che non fece fuoco.
C’erano delle voci, ancora prima che arrivassimo ai nostri alloggi in una scuola:”La Gestapo verrà dalla frontiera per controllare la situazione”. Così saltammo fuori dalle finestre della scuola, sporchi e irrigiditi dal freddo come eravamo, e corremmo via verso i villaggi vicini. “Codardi!” Gridarono coloro che rimasero. “Qualche incosciente inventa assurdità e voi cominciate a correre!”
La Gestapo non si fece vedere nella locanda. Loro vennero agli alloggi. Ci stavano cercando. Ritornammo a notte tarda quando se ne erano già andati. Avevano preso con loro tutti i nostri amici. Non li vedemmo più. Dopo questo, lasciammo l’edificio della scuola.
Successivamente in quel luogo costruirono un ospedale militare per soldati tedeschi. Noi potevamo vedere quanti soldati congelati, feriti e morti venivano portati. Li guardavamo senza nessuna compassione. Alcuni di questi avevano braccia e gambe amputate, alcuni erano ciechi. Poveri resti viventi.
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